SMARTART N. 39 – LA PITTURA GOTICA INTERNAZIONALE DI SIMONE MARTINI –

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SMARTART N. 39 – LA PITTURA GOTICA INTERNAZIONALE DI SIMONE MARTINI –

SMARTART N. 39 – LA PITTURA GOTICA INTERNAZIONALE DI SIMONE MARTINI –

Buongiorno a tutti. In Italia, particolarmente a Firenze, l’arte di Giotto, aveva mutato l’intera concezione della pittura. La vecchia maniera Bizantina pareva improvvisamente rigida e superata. In Europa invece continuava ad essere dominante, anche se le novità portate da Giotto influenzarono anche i paesi d’oltralpe: ma mentre in Italia il percorso iniziato dall’artista fiorentino avrebbe portato al rinascimento, oltre i nostri confini non fu così determinante e la scuola gotica rimase prevalente. Come abbiamo visto l’arte gotica nacque in Francia e poi si diffuse in molti paesi Europei, in Italia fu a Siena, la città rivale di Firenze, dove il gusto e l’arte nordica fecero grandissima impressione, e l’artista simbolo di questa scuola fu Simone Martini (1285-1344) che sapientemente la coniugò con la tradizione medievale locale. Martini fu sicuramente il principale protagonista insieme a Giotto della pittura Italiana del ‘300. Se abbiamo associato Giotto a Dante per la forma narrativa delle sue opere, possiamo invece associare Simone Martini a Petrarca per il lirismo e la composizione elegantissima, ritmica, equilibratissima e raffinatissima delle sue opere ( fu grande amico del poeta e dipinse per lui un ritratto di Laura andato perduto). Erede della scuola di Duccio da Buoninsegna, egli accetta la tradizione bizantina e gotica francese nella sua forma aulica, ricca di colori, portandola a livelli massimi di sublimazione. Da anziano fu chiamato in Francia ad Avignone presso la corte papale di Benedetto XII ed influenzò in maniera determinante la pittura d’oltralpe compresa anche quella di regioni lontane: Catalogna, Fiandre e Boemia. Per questo motivo Simone Martini potè essere definito la prima grande figura “veramente” europea della storia dell’arte italiana. Cerchiamo di comprendere la sua arte. Fu influenzato da alcune caratteristiche dell’arte giottesca quale la plasticità delle figure dovuta al chiaroscuro, però in Simone non risulterà mai così evidente come in Giotto. Anche lo spazio prospettico, appresa dal maestro fiorentino, sarà presente solamente in alcune opere. Come detto, in antitesi a Giotto, Simone fu un artista aulico, interprete di un sentire collettivo e popolare di quell’ideale cavalleresco tipico del medioevo. Se noi analizziamo l’affresco “Guidoriccio da Foligno”, conservato nel Palazzo Pubblico di Siena, notiamo quanto la figura retta del cavaliere posta al centro perfetto del dipinto e contornato da colli e castelli che ne fanno cornice, sia una celebrazione che si pone al di fuori della realtà, quasi in uno spazio metafisico, come diremmo oggi, molto lontano dalla concezione realistica di Giotto. Tutto è giocato su due colori che accostati, tendono ad esaltarsi reciprocamente: l’ocra che ricorda tanto il colore dorato bizantino ed il turchino del cielo. Tutto il dipinto e’ giocato su ritmi compositivi perfettamente studiati per creare equilibrio, dai simboli araldici che ricamano ed ornano cavallo e cavaliere, alle forme leggermente ondulate delle colline, che accompagnano e ritmano il passo del cavallo, alle ondulazioni delle barricate. E’ una danza lirica e spirituale, lontanissima dalla concretezza vista in Giotto. Ogni fatto, in Simone, è rappresentato come un rito, accompagnato da tutti gli artifici decorativi utili ad esaltarlo. Il dipinto successivo è una parte di una pala d’altare del duomo di Siena ora conservato al museo degli Uffizi, si tratta di un’ Annunciazione. Anche in questo dipinto l’organizzazione dello spazio è sorprendentemente equilibrato, si arriva ad una celebrazione massima della decorazione ritmica, dalle volte gotiche, ai disegni colorati in forma geometrica delle ali dell’angelo, al panneggio svolazzante sempre dell’angelo, al pavimento. Le due figure sono separate dal vaso coi gigli posto al centro, ma contemporaneamente è pure questo vaso che, con l’inclinazione dei gigli, simbolo di purezza, funge da unione nell’equilibrio formale della composizione. I due soggetti non sono sospesi, ma poggiano saldamente i piedi sul pavimento, che grazie ai disegni geometrici crea spazio prospettico e quindi profondità. Noi riusciamo ad avere un’illusione di distanza proprio grazie a questi elementi, ad esempio percepiamo perfettamente la posizione del vaso più arretrata rispetto a Maria ed all’angelo. Questa è una delle grandi novità portate dalla sapienza di Simone Martini, l’aver saputo fondere il linearismo ritmico e decorativo gotico bizantino in una spazialità meno astratta, in sintonia con le scoperte di Giotto. Rimane invece questo amore per le curve gentili ondulate e sinuose delle linee adottate in tutta la composizione, nelle volte gotiche nei drappeggi, nelle vesti, nel vaso, e nei contorni delle figure snelle. Questa predilezione della figura sottile ed allungata è tipica dell’arte gotica, come è tipico l’uso sapiente del colore, che diventerà una caratteristica tipica senese. I dipinti senesi sono generalmente caratterizzati da colori molto più vivaci rispetto a quelli fiorentini. Ma Simone Martini nella figura di Maria ha dato un tocco personalissimo e modernissimo, un gesto di avvolgimento e contorsione della figura, quasi a rappresentare un ritrarsi istintivo di questa ragazza a causa dell’inaspettata apparizione dell’angelo. E’ questo un gesto umano e quantomai naturale, in contrapposizione all’espressione del volto della futura madre, per nulla sorpreso e ci regala l’immagine di ciò che è scritto e si conosce ma che suscita sempre sorpresa e mistero. Questo connubio di Sacro e umano è rafforzato dal colore dell’oro, da sempre associato al divino, che e’ dominante in tutto il dipinto, tranne nelle vesti di Maria, che in questo particolare istante conserva la propria presenza umana.
Voglio menzionare, accanto alle due figure principali del ‘300, vale a dire Giotto e Simone Martini, l’opera di un’altro senese, Ambrogio Lorenzetti (1290-1348), cui si deve l’introduzione di splendidi ed animatissimi paesaggi urbani, sapientemente elaborati in chiave di equilibrio formale, coloristica ed elegante alla Simone Martini, ma riccamente volumetrici alla maniera di Giotto. Sono suoi i primi dipinti della storia dell’arte in cui il paesaggio diviene il soggetto principale. Mirabile un suo dipinto conservato alla pinacoteca di Siena, “città di mare” con una prospettiva dall’alto di una città fortificata. Ambrogio Lorenzetti, come il fratello Piero, anche lui ottimo pittore, morì nel 1348 a causa della peste; fu questa terribile epidemia che sconvolse l’Europa alla metà del ‘300, che segnò una battuta d’arresto al grande fermento culturale dell’intero continente fino ai primi del ”400.
Un caro saluto a tutti, Alfredo.

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